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19 décembre 2020

CORONAVIRUS E PESTE IL MANZONI

promessi sposi corona

promessi sposi e coronavirus

CORONAVIRUS E PESTE

Manzoni raccontò di una malattia che ricorda per molti aspetti quella di oggi.

1.     Coronavirus e peste, che analogie!

Se qualcuno ci dicesse che il 2020 e il 1630 verranno ricordati come due momenti storici molto simili, eppure, a poco meno di 400 anni di distanza, il Coronavirus ha gettato l’Italia in una situazione che ricorda, in maniera meno romanzata quella della famosa peste manzoniana che colpì la penisola.

Anche la pesta nera pare provenisse dalla Cina, poi arrivata in Italia con ratti e le loro pulci grazie al fiorente scambio commerciale.

Dalla Cina o dalla Germania? Il Ducato di Mila

 

no in quegli anni era infatti territorio della monarchia asburgica e a causa delle legioni tedesche del Sacro Romano Impero che attraversarono Milano per dirigersi a Mantova, si ebbe un altissimo numero di contagi di peste. Molti storici sono quasi sicuri di poter affermare che la peste non provenisse dalla Cina, ma dalla Germania, grazie all’asse Germania-Italia.

promessi sposi e coronavirus 1

Altra analogia è il territorio di diffusione: Milano, Bergamo, Padova, Treviso, Venezia e Verona i territori più colpiti, fino a Mantova e Firenze.

Un’altra somiglianza tra le due epidemie risiede nell’approccio avuto all’inizio, quando ancora non si parlava di pandemia.

Le autorità milanesi dell’epoca sottostimarono la gravità dei primi casi di peste, tanto da invitare tutti i cittadini ad unirsi per processioni religiose in molte città. La quarantena arrivò ad epidemia già ampiamente diffusa.

Quarantena, che valeva anche per le navi ormeggiate nei porti di tutta Italia che arrivavano da altri paesi.

Il passaggio di persone tra città e regioni venne blocc

ato. I trasgressori della legge e delle norme di quarantena venivano messi alla forca dalle autorità con pubblica esecuzione.

manzoni peste 1

I malati venivano isolati nelle case e si sprangavano dall’esterno porte e finestre di chi era infetto. Nacque in questi anni il lazzaretto, il ricovero specifico p

manzoni peste 3er i malati fuori delle mura della città.

Un’altra analogia tra le peste e il Coronavirus fu l’incredulità e la sorpresa dei medici di fronte ad una patologia talmente nuova e sconosciuta. Disorientati, i medici di allora come quelli di oggi, fecero tentativi per individuare la cura più efficace per ridurre i contagi e la mortalità.

Un altro punto in comune che dimostra come 400 anni di storia non siano altro che un misero giro di lancette in fatto di evoluzione sociale, è la presenza di odio razziale. Se pochi mesi fa molti individui si sfogavano insultando il popolo cinese, tacciato come untore mondiale, nel 1630 la situazione era la medesima, con la differenza che il capro espiatorio erano gli ebrei.

Quello che invece è ben diverso tra le due epidemie è, fortunatamente, il tasso di mortalità: metà popolazione italiana morì, avendo, soprattutto la forma polmonare della malattia, una mortalità di oltre 60%.

Un’altra differenza: il COVID-19 è un virus mentre la peste era causata da un batterio, presente nelle pulci dei topi e che prevedeva lo sviluppo della malattia in 3 forme diverse: bubbonica, polmonare o setticemica.

2.    Analogie fra i Promessi Sposi e l'attualità

Analizzando i temi di attualità che si stanno vivendo, si possono riscontrare situazioni analoghe nel romanzo storico I Promessi Sposi, scritto da Alessandro Manzoni nel 1827, ed ambientato nella Lombardia del 1628- 1630, durante il dominio degli Spagnoli.

manzoni peste 2

L’assalto ai forni – supermercati

Il dodicesimo capitolo del romanzo è dedicato all'assalto del «forno delle Grucce»,

 una famosa bottega milanese che viene assaltata dalla folla in tumulto nel giorno di S. Martino del 1628.

La popolazione, allora come oggi, è preoccupata per un’eventuale mancanza di viveri. Nel capitolo è descritto come la folla accorre in massa per saccheggiare il pane.

Questa parte del capitolo può essere paragonata «agli assalti» ai supermercati che molta gente ha attuato di recente, non avendo la certezza che un determinato alimento sarà disponibile più avanti.

Penuria del pane e mascherine

Manzoni aveva descritto nel XII Capitolo, che una recente carestia, le tasse e la guerra avevano ridotto la disponibilità del pane, bene alimentare primario per eccellenza. La conseguenza naturale fu il rincaro del suo prezzo. Fra il popolo iniziarono a serpeggiare teorie cospirative, che incolpavano anonimi accaparratori, l’avidità dei panettieri, o imputavano la penuria a segrete vendite all’estero.

Antonio Ferrer, che faceva le veci del governatore spagnolo di Milano, accontentò la massa imponendo un calmiere, un tetto massimo al prezzo.

Il governatore di Milano, don Gonzalo Fernandez de Cordoba, nominò una commissione di magistrati per fissare un giusto prezzo. E questi ultimi non poterono far altro che ripristinare il prezzo di mercato, molto più alto di quello calmierato. Il rincaro improvviso fece scatenare ancor di più la furia popolare, culminata con l’assalto ai forni.

Nel 2020, quasi quattro secoli dopo la vicenda descritta dal Manzoni, le mascherine sono un bene primario nei mesi dell’epidemia di coronavirus.

Il governo italiano non aveva accumulato sufficienti scorte provocando un rincaro delle mascherine e una notevole penuria in tutte le farmacie.

Anche in questo caso sono circolate varie teorie del complotto, che puntavano il dito contro gli accaparratori e soprattutto contro vendite massicce all’estero. Molti Paesi d’esportazione hanno fermato le esportazioni, anche requisendo carichi già destinati all’Italia.

L’Antonio Ferrer che oggi porta il nome del commissario Domenico Arcuri ha pensato bene di imporre il prezzo calmierato a 0,50 euro a mascherina, mentre vengono acquistate all’ingrosso a un prezzo quasi doppio. La catena di supermercati  ha annunciato  pubblicamente che non avrebbe più venduto mascherine. Sono seguite penurie in varie farmacie, la catena si è semplicemente interrotta.

Il paziente zero

Nel trentunesimo capitolo Manzoni descrive ampiamente la peste che devastò il nord Italia tra 1628 e 1630. E anche qui le analogie con l'emergenza Covid-19 non mancano.

Già i cronisti dell'epoca si concentrarono sull'individuazione di colui che per primo portò la peste a Milano. Venne indicato il soldato Antonio Lovato che entrò nel capoluogo lombardo con un fagotto di vesti comprate o rubate ai lanzichenecchi.

Il nostro ipotetico primo paziente, chiamato anche «paziente 0», si pensa sia arrivato dalla Germania, tra il 25 e 26 gennaio 2020, e sarebbe colui che ha fatto partire il focolaio di Coronavirus a Codogno.

Il contagio

La diffusione della malattia, allora come oggi, non venne evitata.

promessi sposi cordoba

Le autorità sanitarie di Milano nutrivano forti timori che il passaggio delle soldatesche potesse diffondere la malattia, cosicché Alessandro Tadino, allora membro del Tribunale di Sanità e citato da Manzoni, rappresentò al governatore milanese don Gonzalo Fernandez de Cordoba il rischio incombente sulla città chiedendo provvedimenti di prevenzione, ma l'uomo politico rispose che la discesa delle truppe era dovuta a esigenze belliche imprescindibili e che bisognava confidare nella Provvidenza.

Ma il 20 ottobre 1629 informò il Tribunale di Sanità che la peste si stava diffondendo nel territorio di Lecco.

La sottovalutazione del virus

Manzoni sottolinea come le autorità sanitarie e politiche di Milano mostrassero un'incredibile negligenza nell'applicare le minime misure di prevenzione per evitare che il contagio si propagasse alla città, al punto che la grida che imponeva il cordone sanitario non fu emanata che il 29 novembre, quando ormai la peste era già entrata a Milano.

Non solo le autorità, anche la popolazione inizialmente sottostimò la potenza del morbo: ci sono costanti del comportamento umano che ritornano nel 2020.


manzoni peste 4Il super commissario, i medici e i pazienti

 Il «super commissario», Felice Casati, ed è il padre cappuccino che, durante il romanzo, assume un ruolo chiave e gli viene l’incarico di sovrintendere al lazzaretto, dotato di pieni poteri economici, organizzativi e giudiziari, ma soprattutto di carità cristiana nell’avvicinarsi ai malati.

Un Domenico Arcuri di quattro secoli fa? Molto di più, se minacciava, puniva, riprendeva, confortava, asciugava e spargeva lacrime. Un amministratore che lavora anche sul campo come tanti altri piccoli eroi di ieri e di oggi, allora i monaci, oggi medici e infermieri che fanno turni ospedalieri impossibili fino a crollare di stanchezza su una tastiera.

Magari avessimo letto il Manzoni!!

https://www.youtube.com/watch?v=1OsFCCyQGFI&feature=youtu.be

                                                                                                                                                         VIVIANE

 

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